La giornata era una di quelle tipiche d'inizio primavera con nuvole che solo a tratti lasciavano filtrare il tiepido sole. In un terreno incolto
ai lati della statale 62 della Cisa, che a monte della Riserva Naturale del Monte Prinzera corre sul crinale, ero alla ricerca delle prime
orchidee tra le erbe ancora secche e i cespugli ancora spogli. Solo i prugnoli aprivano i loro primi fiori che danno il via alle grandi
fioriture primaverili. La temperatura variava in continuazione: al sole si godeva di un dolce tepore, ma appena le nuvole oscuravano il cielo subito
si sentiva il fresco della brezza che a tratti sferzava le colline.
Valle del Taro vista dalla RIserva Naturale del M. Prinzera.
Dopo aver vagato per un po' senza trovare nulla, finalmente ho trovato un bell'esemplare di Ophrys sphegodes. Ho posato lo
zaino e ho montato la fotocamera sul cavalletto per iniziare le riprese, armato di pazienza perchè la brezza primaverile non è certo la migliore
compagna di chi vuole esercitarsi in macrofotografia.
Ophrys sphegodes
I miei spostamenti per montare l'attrezzatura e trovare il punto migliore per la ripresa hanno disturbato un bel ramarro (Lacerta
viridis) che, nelle vicinanze, approfittava degli spiragli di sole per riscaldarsi. Gli incontri con questo bellissimo rettile sono sempre sfuggenti. La visione
dura solo qualche attimo, anzi, la maggior parte delle volte quello che si riesce a vedere è solo una scia verde brillante che corre a rifugiarsi
spostando rumorosamente le foglie. Anche questa volta il copione si è ripetuto: un rapido fruscio di foglie e il diavoletto verde è scomparso
tra le pietre e le erbe secche ai piedi di un piccolo cerro.
Stavo per rimettermi a fotografare l'orchidea quando ho notato con sorpresa che, pian piano, il ramarro, invece di restare nascosto, è
risalito sul piccolo albero mettendosi a cavallo di un ramo a poco più di mezzo metro da terra. Pur prevedendo che al primo movimento sarebbe di
nuovo scappato nella sua tana, spostandomi a rallentatore mi sono avvicinato con la macchina ancora montata sul cavalletto. Complice forse
la nuvola che in quel momento oscurava il sole abbassando la temperatura, sono riuscito con mia grande sorpresa ad avvicinarmi e a scattare diverse foto.
Non ero mai riuscito a scattare una foto decente ad un ramarro: anzi l'unica immagine che possedevo era una vecchia diapositiva
risalente ad a una ventina di anni fa che lo riprendeva dall'alto e da non molto vicino. Quindi mi potevo ritenere soddisfatto. Ma l'esemplare,
evidentemente in riserva d'energia, continuava a stare fermo invitandomi ad avvicinarmi sempre più. L'obiettivo che montavo era il Sigma 180 macro
che mi ha permesso di effettuare riprese veramente ravvicinate.
A quel punto ho osato ancora di più cercando di aggirare il ramarro in modo da poterlo riprendere da un altro punto di vista
evitando le foglie che in parte lo occultavano alla vista. Appena mi sono spostato angolarmente l'esemplare ha reagito con un brusco movimento
avanzando, ma di poco, sul ramo. Allora ho cambiato strategia: ho arretrato di parecchi metri e poi ho fatto un largo giro di 180° per
ritrovarmi dalla parte opposta. Pian piano ho ricominciato l'avvicinamento senza che il ramarro desse segni di agitazione...ed ho ricominciato a
scattare. Prima riprendendolo in tutta la sua lunghezza...
...poi a mezzo busto...
...poi ancora più vicino...
...fino ad arrivare al primo piano...
...e infine perfino alla macro!
Come potete vedere nell'occhio del rettile si riflette la scena: il punto nero è la lente frontale dell'obiettivo e dietro si intravede il fotografo e il cavalletto.
Visto che ormai il ramarro mi ignorava ho cambiato anche l'ottica montando il 24-105 mm per poter fare qualche ripresa ambientata.
A quel punto il ramarro si è stancato di vedermi gironzolare lì intorno e, raccolte le energie, ha fatto retromarcia
scendendo senza fretta dall'arbusto, rifugiandosi al sicuro nella sua tana. Io, soddisfattissimo per questo incontro veramente ravvicinato, ho
rimontato il 180 macro e mi sono dedicato all'orchidea per riprenderla in primo piano: per fortuna le orchidee non scappano!
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